
Stefania Ferrari
Le prime decorazioni fatte con la tecnica del mosaico risalgono addirittura al 3000 a.C. ad opera dei Sumeri; nel tardo impero Romano questo genere ornamentale conosce il suo massimo fulgore e nuovamente torna in auge agli inizi del XX Secolo con il Liberty e l’Art Déco. I Musei Civici di Reggio ospitano una splendida raccolta di frammenti di mosaici di epoca romana e medievali e nella stessa Brescello sono stati ritrovati pavimenti realizzati con questo tipo di decorazione, riportanti motivi orientali e romani.
Non facile stabilire con precisione l’origine del termine mosaico, ma alcune accreditate teorie ne identificano un significato affascinante derivante dalla parola “Muse” sia di origine greca sia latina e indicherebbe più o meno, per semplificare, “opera delle Muse” e “dedicato alle Muse”. Credo non sia un caso se uno dei mosaici più belli di Barbara Giavelli e per lei più significativi, appunto quello dedicato a una Musa, Euterpe, ed è stato il lavoro che realmente ha segnato l’inizio della sua reale via artistica, determinando la decisione di votarsi esclusivamente a questa tecnica così particolare.
Particolare perché oggi ci sono davvero pochi mosaicisti e ancor meno mosaiciste. Se poi si aggiunge l’innegabile bravura di Barbara, allora credo si sfiori l’unicità. Non penso siano necessarie le mie parole per rendersi conto di quanto reale amore lei esprima tramite questa miriade di tessere colorate. Ma l’amore non sarebbe sufficiente per raggiungere questi risultati, se non fosse supportato da una base pittorica e una predisposizione al metodo che le hanno permesso di crescere stilisticamente, siano a raggiungere questi livelli espressivi.
Schegge regolari di marmi, smalti e ori sono per lei tavolozza ideale per dare corpo a sogni e ispirazioni, per compiere vere “magie”, come afferma il tema di questa sua personale. Dipingere solo con un pennello rappresenterebbe per lei una limitazione, perché ne sarebbe coinvolta solo la vista, mentre l’aspetto fortemente materico, oserei dire fisico, del mosaico le offre un sentiero da esplorare anche col tatto, da utilizzare con eguale sensibilità estetica.
Nella scelta delle opere da presentare qui, ha anche reso un preciso omaggio realizzando un incredibile ritratto dei due personaggi ormai indissolubilmente legati a Brescello, Peppone e don Camillo, ma un altro dono alla storia di queste terre anche la tigre, che così tanto ricorda il pittore Ligabue, che attraversava i luoghi del Po immaginando forse queste fiere sbucare dai canneti.
Ma oltre a ciò, Barbara Giavelli ha intrecciato tra le tessere smaltate e scintillanti d’oro, le sue suggestioni, le sue fantasie, il suo respiro libero che si innalza e prende il volo sorretto dalle ali delle sue colombe, del suo piccolo passero italiano, della gracula, del pappagallo, tra le piume del suo pulcino o sospinto da una mongolfiera. Oppure solca anche i mari gonfiando vele e navigando, per raggiungere terre lontane in cui sonnecchiano i leoni. Nonostante questi apparenti voli pindarici, Barbara legata agli amici e agli affetti, che ritrae con premurosa maestria, riportando nel mosaico le loro fattezze, con quella magia che solo lei sa rendere così reale.